Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il proprio domicilio in via dei Portoghesi 12, Roma; Nei confronti della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente della giunta regionale, per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale della legge regionale 19 novembre 2002, n. 30 (BUR n. 47 del 20 novembre 2002), Disposizioni in materia di energia, negli articoli 9 e 14.5. Art. 9. L'art. 2 del d.lgs. 23 aprile 2002, n. 110 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli -Venezia Giulia concernenti il trasferimento delle funzioni in materia di energia, miniere, risorse geotermiche e incentivi alle imprese) ha riservato allo Stato le determinazioni inerenti l'importazione e l'esportazione di energia (comma 1, lett. c) e le funzioni attinenti alle reti di trasporto dell'energia elettrica con tensione superiore a 150 KV (comma 1, lett. h). In queste ultime rientrano le reti di interconnessione con l'estero poiche' l'energia importata e' ad alta tensione. La normativa richiamata va coordinata con quanto dispone il d.lgs. n. 79/1999 con il quale si e' data attuazione alla direttiva 96/92 CE, concernente norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica. L'art. 3 attribuisce al gestore della rete di trasmissione nazionale l'attivita' di trasmissione dell'energia elettrica "ivi compresa la gestione unificata della rete di trasmissione nazionale" (comma 1), di cui e' concessionario unico (comma 5), e la determinazione degli interventi di manutenzione e sviluppo della rete (comma 2). L'art. 9 della legge regionale, dopo previsto la stipulazione da parte della regione di accordi per la realizzazione, razionalizzazione e l'ampliamento della capacita' di trasmissione, degli elettrodotti anche transfrontalieri, ha sottoposto ad autorizzazione unica regionale "le opere e le infrastrutture connesse alla realizzazione (degli interventi di cui al comma 2", disciplinando anche il procedimento per il rilascio. Le norme richiamate invadono il campo della attribuzioni dello Stato al quale, come si e' visto, sono riservate le funzioni attinenti al trasporto dell'energia elettrica con tensione superiore ai 150 KV ed alla importazione ed esportazione dell'energia elettrica, attraverso il gestore unico al quale e' riservato lo sviluppo della rete. Le norme impugnate sono, dunque, costituzionalmente illegittime sotto un duplice profilo: per violazione dell'art. 3, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 79/1999 e per violazione dell'art. 117, primo comma Cost., perche', attraverso la violazione delle norme statali di attuazione, ha violato la normativa comunitaria portata dalla direttiva 96/92 CE. Quest'ultima, infatti, dopo aver premesso nel considerando (25) "che occorre ... designare un gestore della rete di trasmissione incaricato della gestione, della manutenzione e, se del caso, dello sviluppo", all'art. 7 ha disposto che "gli Stati membri designano... un gestore della rete, responsabile della gestione, della manutenzione e, se necessario, dello sviluppo della rete di trasmissione in una data zona e dei relativi dispositivi di interconnessione con altre reti, al fine di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti". Art. 14.5. L'art. 14.5 della legge regionale ha disposto la sospensione delle procedure per l'autorizzazione della costruzione di nuovi impianti a biomasse "nelle more dell'approvazione del PER". Il piano energetico regionale e' disciplinato dall'art. 6 dove e' previsto (comma 1) che "e' periodicamente aggiornato", senza che sia fissato un termine per la sua entrata in vigore (e' solo disciplinato il procedimento nel comma 6). Viene cosi' ad essere preclusa una iniziativa economica la cui liberta' e' tutelata dall'art. 41 Cost., che ne consente la limitazione quando possa riuscire dannosa alla sicurezza, alla liberta' ed alla dignita' umana. La produzione a biomasse di energia elettrica non solo e' socialmente utile di per se', ma produce vantaggi ambientali poiche' consente di sfruttare a fini produttivi materie che sarebbero altrimenti piu' inquinanti. Secondo quanto dispone l'art. 1, comma 3, della legge 9 gennaio 1991, n. 10 la trasformazione dei rifiuti organici ed inorganici e' tra le fonti rinnovabili di energia o assimilate. Il comma 4 considera di pubblico interesse la loro utilizzazione e le opere relative sono dichiarate indifferibili ed urgenti ai fini dell'applicazione delle leggi sulle opere pubbliche. Per questo sono previsti incentivi alla produzione di energia da fonti rinnovabili di energia (art. 13 della legge n. 10/1991). Proprio per il generale interesse che riveste l'attivita', l'art. 2.1, lett. m) del d.lgs n. 110 del 2002 riserva allo Stato la definizione degli obiettivi e dei programmi nazionali di cui alla lett. a) in materia di fonti rinnovabili e di risparmio energetico, programmi sui quali la regione non puo' interferire e per la cui realizzazione non puo' frapporre ostacoli. La norma regionale ha precluso questa attivita' senza limiti di tempo cosicche' potrebbe restare impedita anche per un periodo cosi' lungo da scoraggiarla definitivamente. Che questa preclusione non fosse consentita e' confermato dall'art. 7.2 del d.lgs. n. 110/2002 che ha riservato allo Stato il completamento dei procedimenti amministrativi in materia di incentivi alle imprese gia' avviati alla data della sua entrata in vigore, incentivi che, come si e' visto, riguardano anche i produttori a biomasse che non possono restare neutralizzati da norme regionali. L'art. 14.5 non solo viola l'art. 2.1, lett. m) del d.lgs. n. 110 del 2002, ma, in quanto svuota sostanzialmente di contenuto la liberta' di iniziativa economica, viola anche l'art. 41 Cost. (in senso conforme Corte costituzionale sentenza n. 529 del 1995).